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Culture. Eat it

25 Luglio 2017

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Quel che ho scoperto in Digital Detox, mentre vivevo senza Facebook e Instagram

di Valentina De Simone

Ho 26 anni, sono Laureata in Comunicazione, da due anni lavoro nella comunicazione, penso che il digital marketing mi procuri del fastidio e sto facendo un digital detox dopo un burnout.
Non so se sia normale o meno, ma mi va di dirvi che ultimamente il mio telefono cellulare mi procurava del dolore fisico. Dapprima era un disagio interno, forse psicologico. Tuttavia nell’ultimo periodo l’ho identificato nell’immagine di un’appendice che, marcendo, mi stava davvero procurando una peritonite.
Anche oggi un pochino… Ogni volta che prendo la decisione, paradossalmente sofferta, di spegnerlo, provo sentimenti discordanti. Quelli che si provano approcciandosi, in modo diverso, a ogni genere di dipendenza infine.
Sofferenza, liberazione, astinenza, ricaduta.
Strano pensare che uno schermo possa essere una porta che ti proietta verso tante, davvero tante cose… Forse troppe. Voglio dire… Questo poter vedere tutto, senza capire niente; poter vedere tutto senza vivere niente, toccare niente… Non ci girerò attorno: penso sia una merda.
Non voglio esprimere come mi sento con concetti troppo articolati. È luglio e fa troppo caldo per qualsiasi cosa.
Ho preso la decisione di vivere la realtà “digital” con più consapevolezza all’inizio di questo mese, dopo aver vissuto un piccolo burn-out (tutto regolare, è successo e succederà ancora probabilmente) e dopo aver appreso che il “tema” di Luglio cascava a fagiolo.
Parliamo di volersi un po’ più bene ho sentito che, aldilà di tutto quello che ci fanno credere e che io stessa ho contribuito a far credere a terzi, la cosa non si risolve e non si mette in pratica aggiungendo profili, facendo i numeri coi follower, macinando like o comprando cose. Mille persone, mille interessi, mille informazioni, mille desideri, alcuni di questi più o meno leciti, possibili, raggiungibili. Sta tutto li, dentro l’appendice dove sembra riposare l’anima di ognuno di noi, l’appendice che sta andando a farsi benedire proprio in questo momento.
Nella pratica ho deciso di disintossicarmi per gradi e, vi dico la più sincera verità, del tutto non ci sono riuscita. Non si cancellano 7 anni di addiction in un minuto. A dire la più totale verità non ci sono riuscita neanche per metà. Volendo guardare quello che c’è però, attualmente ho cancellato l’applicazione Facebook dal telefono e non potrò, di fatto, mai più metterla perchè sono chiusa fuori dal mio account per le app da tempi remoti e mi uccide anche solo pensare di mettermi a litigare con qualche sistema automatico di recupero dati per risolvere il problema. La cosa fa abbastanza ridere perché la mia pigrizia tecnologica, decodificante nel mio dna, probabilmente mi stava avvisando: lascia stare la tech, il digital e corri felice all’aperto, fai yoga, quello è il tuo posto.
Infine entro in Ig solo per un’ora al giorno (è stato detto che nel mio caso sarebbe stato più facile smettere di fumare).
Probabilmente non interesserà a nessuno ma nelle prossime righe vi racconto un po’ di cose riguardo il lieve e programmatico distacco dai social e, probabilmente, da una (in)consistente parte della mia vita. Non è altro che un report, non c’è alcun suggerimento o soluzione. Spesso I miei amici mi prendono in giro e mi chiamano Desimosho, mi dicono che devo mollarli un po’ e hanno realmente ragione (vi voglio bene). Lo faccio presente perché questa non è legge, sono le impressioni di una tizia che non sa che mangia stasera ed è continuamente in cerca di incastrare NaturaSì, valutazione delle offerte Fastweb casa, vita privata, faccende domestiche e parrucchiere senza avere un mental break down o finire in bancarotta.

 

HIC ET NUNC

“Questa conversazione mi sta ammorbando, mado che palle, ma che sta dicendo questo … Oook; mo m’attacco al telefono e lo lascio parlà, finirà anche”.
Fa un po’ ridere a raccontarlo così, eppure l’ho fatto talmente tante volte! In svariate situazioni: da quelle che erano (veramente) annoianti e inutili (ma allora perchè non andarsene e lasciar perdere direttamente?!|?!?!) a quelle in cui invece avrei dovuto ascoltare, maledettamente ascoltare: chi avevo davanti e chi avevo dentro.
Avrei forse capito prima che se mi distraevo CONTINUAMENTE, forse, stavo vivendo una situazione che non faceva al 100% al caso mio. Solo che se la distrazione che usavo per scappare dalla mia vita era inconsistente, la vita era vera, è reale, tangibile e non torna indietro con un ctrlZ.
Ho imparato, e non è stata (nè è) una passeggiata, a esserci qui e ora.
Per darvi un’immagine mi viene in mente Leo di Caprio quando, nei panni di Jordan Belfort, dice “non posso morire da sobrio”. Ecco stare nella realtà, senza scappatoia, è come costringersi a essere tremendamente sobri quando si è abituati ad affrontare tutto da strafatti. Sembra un’enorme cavolata ma, vi giuro, essere presenti nel presente può essere veramente un atto eroico e delle volte ammetto, anche durante questo periodo, di non esserci riuscita solo con le mie forze.

 

GUARDARE CHI AMI

Dal numero di Maggio di “Elle Italia” ho staccato due pagine che ho appeso a quel pezzo d’arredamento post moderno (poiché ha poche altre evidenti funzioni hahha ) che è il mio frigo.
È un articolo in cui, a un certo punto, l’autore del libro presentato dice, raccontando un aneddoto, che “dobbiamo sempre trovare il tempo per guardare chi amiamo”. Guardare davvero, non attraverso lo schermo.
Ho trovato molto più tempo per guardare chi amo e mi ha fatto stare davvero magnificamente.
Ho guardato tantissimo mia madre, per esempio, ho capito e mi sono rammaricata per le tante troppe volte in cui mi ha parlato “a vuoto” … Non per cattiveria o perché non la ascoltassi. Io adoro mia madre, ma delle volte la cago davvero poco (scusa mamma). La ascolto sì, ma non la guardo. Ultimamente invece la guardo spessissimo e a lungo e mi sembra più giovane di 10 anni rispetto alla sua età anagrafica.
Ho guardato le mie amiche, quelle che senza rendermene conto sono parte della mia vita da tantissimo, quelle che sembrano esserci da sempre. Mi sono sentita più che fortunata.
Ho guardato chi mi piace e ho pensato che, cazzo se mi piace.
Ho guardato mio papà, mi sono resa conto che spesso mi manca più di quanto creda e vorrei stare davvero tanto più con lui.
Inconsciamente pensavo fosse più facile non guardare tutte queste persone che compongono la mia vita perché, a guardarle meglio, l’emozione sarebbe stata spiazzante, infatti ultimamente sono (non solo a causa degli estrogeni) parecchio incline all’emotività positiva. Sorrido e mi commuovo, mi commuovo e sorrido. Più occhi e meno filtri insomma. La gente che amo è, davvero, perfetta com’è.

 

SCOPRIRE CHE AMI (ANCORA)

Più parlo con la gente che ha passato i 25, più mi rendo conto che sono i nuovi 40, tipo quelli che negli anni 2000 uscivano di testa, compravano scarpe gialle e entravano in crisi di mezza età. Benvenuti nella crisi del quarto di secolo. Distrarsi serve ma bisogna saperlo fare. Non sarà tutto quello che vedi, desideri, vorresti a scuoterti dall’idea che: ne ho passate tante, ho collezionato fallimenti, forse già abbastanza, lasciamo perdere tutto. È guardare quello che hai che ti fa venire voglia di dire che sono tutte una marea di cazzate: ami e credi ancora. È inutile. Essere davvero dentro le cose e dirsi “ehi questo è vero”, questa non è una cazzata. L’estate che pensavi di odiare o la gente che pensavi meno valida, nuotare, non truccarsi, non pensare. È la tua vita. Quando ho mollato la mia dipendenza dal telefono è stato perché in mezzo al Prato (della Valle per i non padovani ndr) ho detto, correndo sotto un temporale, “questo è vero” per la prima volta dopo… bo dopo un sacco di tempo.
Sono passati due mesi e non solo l’ho detto moltissime altre volte, non vedo l’ora di dirlo di nuovo.

 

ZITTIRE IL CRICETO

L’autore di “Ferma il criceto che hai in testa” ci ha basato tutta la sua teoria. Nel cervello abbiamo uno stronzo di criceto che macina per lavorare solo e soltanto il pensiero negativo. Bisogna dargli una botta in testa, farlo tacere e stare fermo. Si tratta di sopravvivenza. Se a questo serve swichtare lo Smartphone in off per stare da soli o con chi amiamo ebbene C I A O. E ciao è stato.
Mi mette ansia pensare che potrebbe arrivarmi quella mail? CIAO
Mi infastidisce vedere una notifica a cui non avrei la forza fisica di rispondere? CIAO
Serve davvero che faccia presente questa cosa a tutti? Avrei davvero voglia di fare questa storia e guardare tutte le
Visualizzazioni e guard… CIAO
Dormite come bambini 12 ore, finite la coscienza di Zeno, fate l’amore, non mi interessano le sponsorizzate, non mi interessa comprare niente.
La domenica mattina non si è mai sentito nessuno che apre sorridendo ai testimoni di Geova.
C I A O

 

SBATTERE SUI TUOI LIMITI

Spesso mi sono sentita privata di uno scudo. Poi ho guardato quanto grande è un telefono (il mio è pure rotto e crepato). Non è abbastanza valido per difendermi da un cavolo di niente. Ci devo pensare io. Condividere un post non serve a nulla ci sono altri mille modi di aumentare la mia autostima? No.
Il bello sta qui. Proprio perché non serve a niente e non ti aiuta nelle cose che trovi difficili, dovrai sbatterci addosso e dire “piacere”. Sono i tuoi limiti e hanno una faccia da veri stronzi ma fanno parte di te.

 

MUOVERSI

Qui cito un conoscente.
Vivevo una situazione difficile in cui non sapevo che fare. Ne ho parlato con TUTTI. Ho condiviso cose strappalacrime e inutili. Mi sono depressa ulteriormente cercando parole, canzoni e immagini che parlassero di me.
Ne ho parlato talmente tanto che mi stupisce che la statua del Petrarca non abbia abbassato gli occhi per dirmi che gli avevo rotto i coglioni.
Ho corso come una gazza impazzita in giro per questa città in cerca di risolvere il mio problema, sempre col mio fedele telefono in mano. Fotografando roba e stalkando a caso le mie paranoie.
Poi arriva questo mio amico, mi scrive su fb, ne parlo OVVIAMENTE anche con lui e durante la nostra chiacchierata virtuale gli faccio una domanda: un consiglio per sistemarli? (I casini) … lui in una parola ha detto tutto
“Muoversi”.
E io ho fatto una delle poche, pochissime cose intelligenti abbia mai fatto col mio telefono: mi sono mossa.

In pratica infine ho capito, che l’unico uso sensato che se ne possa fare è usarlo per avvicinarsi alla propria vita vera, ma che questo a qualcuno non piaceva, per quello lo usiamo per allontanarcene.
Secondo me non gli piaceva perché sapeva che non solo ci sarebbe bastata, ma ci avrebbe reso molto più felici.

Infine :
Nel caso in cui tutto questo ciò non vi bastasse come incentivo ecco un’ultima info: la batteria dura, non immaginereste neanche quanto!

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Autore

Valentina De Simone

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Valentina De Simone

biografia:

Community Manager con la passione per la sociologia, vive da sei anni tra Padova e Milano. Una volta scrisse una strampalata teoria sulla Matematica, su di un compito di Matematica. Prese zero e il prof. le disse che doveva trovare sfogo alla sua troppa fantasia se voleva abitare nel mondo reale. Comprò un block notes e iniziò a scriverci tutto quello che le passava per la testa, nacque così l’amore per la scrittura, l’amore per l’espressione.

2 commenti

    Ciao Valentina
    ho poco più del doppio dei tuoi anni, e per ragioni che non sto qui a spiegarti, mi sono ritrovata nella tua stessa situazione, anzi nelle tue stesse situazioni.
    La settimana scorsa stavo male da over eating social e sono arrivata alle tue stesse conclusioni…lasciare e vivere o rimanere e boh.
    Ci ho provato, con tutti i passaggi che hai fatto tu ( app tolta dal tel ecc), non ce l’ho fatta!
    Una cosa saggia però l’ho fatta sono voluta tornare ad una quasi normalità nella mia vita e ad apprezzare le piccole e pochissime cose che mi fanno felice.
    Quindi per farla breve riconoscere il problema e uscire fuori dal loop è stato un passo avanti.
    A mia giustificazione posso dire che pur stando sui social da dieci anni e essendone fruitrice anche per lavoro, non sono mai stata molto accanita nella socializzazione sul web e sicuramente non troppo a livello personale, diciamo che ero più una spettatrice. Negli ultimi mesi, complice la mancanza di lavoro e il sentirmi fuori dalla mia solita vita iper attiva, sono arrivata anch’io ad un principio di addiction. Stamani ho letto il tuo articolo e la tua leggerezza nel descrivere un problema che, inconsapevolmente colpisce tanta gente e che è anche causa del degrado del web,mi ha fatto bene, mi ha strappato un sorriso e mi ha fatto sentire un po’ più giovane. Ho condiviso il tuo pezzo sperando che leggerlo possa far prendere coscienza a qualcun altro. Magari questo commento lo leggerai tra un mese, chissà, ma tienici aggiornati sui tuoi progressi e dacci speranza che ci si possa riuscire. Un saluto affettuoso da una nonna social addict 🙂

    Buonasera Sandra! Ringraziandoti innanzitutto per il tuo commento prezioso.
    Sono la prima a permettermi delle indulgenze carissima, ti capisco bene. Sappiamo entrambe anche dell’altisonante quantità e qualità di lavoro che impegna la vita di chi è attivo nel nostro settore. Se può consolarti anche io sto valutando nuove posizioni per me stessa in vista di settembre.
    Ho scelto la leggerezza perché con leggerezza si può e si deve parlare di tutto;) sono una overthinker da manuale, ansiosa… Le ho davvero tutte haha ma ultimamente sto cercando di stare meglio.
    Se posso consigliarti… poniamo che i I social siano uno strumento, non uno strumento come il violino (che dicono sia lo strumento del diavolo),ecco fai in modo di comporci musica stupenda e soave. Ergo: posta quando sei felice! Fai il contrario Di quanto di dice, sappiamo che allontanarci da questo meccanismo di comunicazione è difficile, forse impossibile.
    Ma usarlo per divertimento, leggerezza e per comunicare positività o informazione utile e umana forse può essere una via per non tagliarsi totalmente fuori.
    Quanto Alle piccole cose, sono il paradiso… ne convengo. Ti invito a guardare questo video di una ted talk:
    https://youtu.be/21j_OCNLuYg

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