Culture. Eat it
6 Marzo 2017
Oggi vi porto nel paese de La grande fabbrica delle parole, un paese dove le persone parlano poco perchè le parole per essere pronunciate devono essere acquistate e inghiottite.
E indovinate?
Ci sono parole più care di altre. Non si pronunciano spesso, a meno di non essere ricchissimi
e non sono in molti ad esserlo.
Immaginate per un attimo che le parole alle quali più tenete, che spesso sussurrate appena, fossero fuori dalla vostra portata. Immaginate quanto sarebbe difficile esprimere opinioni, condividere sentimenti e come tutto questo vi farebbe sentire soli. Le parole mettono in relazione ma è raro accorgersi di quanto siano importanti, se non quando ne veniamo privati. In questo paese immaginario le persone frugano nella spazzatura alla ricerca delle parole che vengono gettate via con noncuranza da chi ne è ricco; le persone aspettano la primavera per acquistare qualche parola in sconto, e i bambini giocano con retini acchiappafarfalle pur di catturane qualcuna che vola libera nel cielo.
Nel paese in cui abito io, vorrei essere ricchissima di parole che abbiano un peso per qualcuno.
Qualcuno che sia in grado di ricordare ciò che dice, specialmente quando si arrabbia, qualcuno che riconosca davvero l’amore in un’affermazione e non un distratto ascolto di una litania di suoni.
Con questa favola moderna Agnes de Lestrade e Valeria Docampo parlano ai bambini e agli adulti del valore delle parole e dei gesti che nel sostituirle si fanno carico di un significato prezioso. Parlano di come a volte si usino troppo facilmente paroloni di cui non si conoscono i veri sentimenti, come accade ad Oscar nel tentativo di conquistare Cybelle, la dolce bambina vestita del color della ciliegia della quale anche Philéas è innamorato.
Philéas presto scoprirà che per dirle ti amo si possono usare tante altre parole speciali come… leggetelo per scoprirlo!
Età di lettura: dai 5 anni.
Durata della lettura: la favola di una sera
Ph. Sara Cartelli
© The Eat Culture
Photos: Sara Cartelli
Autore
biografia:
È una storica dell'arte, ottimista ed empatica per natura. Immagina un mondo nel quale seminare gentilezza e provare felicità nelle piccole cose. Fin da bambina è innamorata delle storie, per The Eat Culture mangia libri e arte. Per aspera ad astra recita l'unico tatuaggio che ha sulla pelle. È lì per ricordarle che la strada che porta ai suoi sogni non sempre è facile ma qui non ci si arrende, mai.
Sarà che ho studiato linguistica, quindi sono davvero appassionata di parole, ma questo libro mi affascina tantissimo! Grazie per avermelo consigliato!
Mi rende felice sapere che da oggi un libro che ho amato molto ha una nuova lettrice! Grazie a te!