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L'inutile utilità dei giudizi sul copro delle donne

Culture. Eat it

10 Gennaio 2018

storie

L’inutile utilità dei giudizi sul corpo delle donne

di Sara Cartelli

Non ho mai amato il mio aspetto fisico particolarmente.
Forse perché, alla fine dei conti, non ne sono mai stata ossessionata.
Non ricordo un giorno particolare della mia vita in cui mi sia sentita veramente bella, almeno non per più di cinque minuti.
Con l’età ed il tempo avevo imparato ad accettare dei difetti fisici che mi avevano sempre causato insicurezza.
Una cicatrice che mi porto dietro da quando avevo un anno e mezzo e che non mi hai fatta sentire donna, o i miei polpacci, plasmati da anni e anni di pattinaggio, che mi hanno sempre fatta sembrare più Roberto Carlos che un angelo di Victoria’s Secret.
Li avevo accettati, mai amati, perché erano parte della persona che ero e senza, non avrei potuto essere la stessa persona.

Poi, due anni fa, sono rimasta incinta.

Mi ero ripromessa che sarei stata attenta, che non avrei mangiato troppo, che avrei fatto corsi di pilates e nuoto in gravidanza. Non feci nulla di tutto questo, avevo troppo lavoro da fare, troppi impegni o forse troppe scuse che mi davo da sola.

Presi 22 chili.

Piansi tanto, tantissimo, in quel corpo che con il tempo avevo imparato ad accettare non mi riconoscevo più.
Oltre a sentirmi inevitabilmente in colpa, perché dopotutto se avevo preso tutti quei chili la colpa era solo mia, le persone intorno a me non erano particolarmente d’aiuto.
C’erano quelli del “xxxx ha preso solo 8 chili!”, quelli del “xxxx è tornata subito come prima, non sembra nemmeno abbia partorito”, oppure del “a ma guarda secondo me xxxx non torna più normale!” (n.b erano solo due mesi che la persona in questione aveva partorito).

Sembrava di vitale importanza per tutti giudicare il corpo di una donna in gravidanza.

Perché fondamentalmente è così, se non sei come Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis o Chiara Ferragni, insomma se ti svacchi un po’, sei sbagliata.

Ed io mi sono sentita tremendamente sbagliata.

Poi un giorno, erano circa quattro mesi che avevo partorito, mi fecero una foto. La guardai bene. Non c’era più nulla di me. Avevo le braccia tozze, il seno enorme, i fianchi generosi. Invece di compatirmi, o di tornare a piangere nascosta in bagno, pensai solo: “chissenefrega”.

Avevo partorito, avevo portato un bambino in grembo nove mesi, lo stavo accudendo, il mio corpo non era più una priorità. Sarebbe ritornato ad esserlo ma non in quel momento.

La verità è che ogni singolo giudizio sul corpo, che voi abbiate affrontato una gravidanza oppure no, è assolutamente privo di consistenza.

Nessuno sa se voi avete preso (o perso) dei chili per colpa di una vostra situazione personale particolarmente delicata, una malattia, un lutto o un momento di elevato stress.

I giudizi delle persone, della società, del giornalismo sensazionalistico sono semplicemente giudizi. Inutili peraltro.

Siamo noi e nessun altro i padroni del nostro corpo.

Un corpo che amiamo, odiamo, di cui ci prendiamo cura oppure no, perché in un determinato momento della nostra vita abbiamo deciso di seguire altre priorità.

È il nostro corpo, il nostro contenitore, il nostro involucro, la nostra pelle e nessuno ha il diritto di farci sentire sbagliate.

C’è tempo per ricominciare la palestra, tornare a mangiare bene, evitare i dolci e i carboidrati come la peste nera o per riprendere qualche chilo se siamo dimagrite troppo.
Dobbiamo darci il nostro tempo, amare noi stesse e il nostro corpo. Dobbiamo scegliere di voler vivere in un corpo “sano”, ma non per la società, solamente per noi stesse.

Ci sarà sempre qualcuno pronto a giudicarci comunque, dovunque, anche se fossimo le più fighe di tutto il pianeta terra. La colpa potrebbe essere di un rossetto, un’acconciatura o di un abito sbagliato.

La risposta è sempre solo e soltanto una: “chissenefrega”.

Il corpo non può essere ridotto a una mera questione di chili, di cellulite, di calorie. Il corpo, come direbbero Cocciante e Mina è tutto “una questione di feeling”.
Ma con se stessi.

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Autore

Sara Cartelli

Cogito Ergo Sum

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Sara Cartelli

biografia:

Copywriter, folletto tuttofare e mamma con una passione smisurata per la fotografia. La scrittura è una medicina che le permette di esprimere la propria personalità e far emergere la sua vera voce. Meglio di uno psicanalista. Alla perenne ricerca di una strada da seguire, al momento, preferisce perdersi.

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