Home > storie > Quadrophenia: gli Who, la musica, il vuoto esistenziale

Culture. Eat it

20 Marzo 2018

storie

Quadrophenia: gli Who, la musica, il vuoto esistenziale

di Sara Cartelli

È l’eterno conflitto: pop contro indie, indie contro metal, techno contro house, punk contro metal, noi contro voi. Eterno perché fondamentalmente non ci siamo inventati nulla. Le battaglie tra modi di vivere hanno radici lontane e hanno a che fare sì con le scelte, il vestiario, ma spesso anche con la musica.

E le scelte musicali a ben vedere dividono più che unire. Pensate all’attualissima faida tra chi è più indie o a tutti quelli che “io ascolto solo rock/indie/jazz/techno perché tutto il resto mi fa schifo”.
Io personalmente ne ho incontrati tanti, troppi e ogni volta penso sempre la stessa cosa: “ma lo sai che la musica è contaminazione e che il genere musicale che ascolti non se l’è inventato qualcuno, una mattina, di sana pianta?”.

Il problema è sempre quello: la musica, i generi, devono essere incasellati.
Perché ad un gruppo, un cantante, un genere, corrisponde uno stile di vita nel quale riconoscersi.
E riconoscersi è da sempre rassicurante.

Quadrophenia, il film del 1979 diretto da Franc Roddam nonché tratto dall’omonimo album degli Who, fotografa questa situazione in modo limpido.

Londra, anni sessanta. Ci sono i mod e i rocker. Da una parte parka, scooter (principalmente Vespe o Lambrette), droga e feste, dall’altra giubbotti di pelle, moto di grossa cilindrata, rifiuto per qualsiasi forma di sostanza allucinogena. Da una parte i gruppi della British Invasion: Beatles, Rolling Stones, Who, Yearbirds, dall’altra il rock and roll americano di Chuck Berry, Elvis Presley e Bo Diddley.

Una battaglia estetica e musicale, resa ancora più accesa dal fatto che alcuni gruppi, come gli Who, si siano schierati apertamente a favore della cultura mod diventandone di fatto portabandiera.

My Generation, canzone tratta dall’omonimo album della band, è di fatto l’inno del movimento modernista. È la rabbia di una generazione, è pura provocazione, un canto alla libertà, alla giovinezza, al divertimento.

People try to put us d-down (Talkin’ ’bout my generation)
Just because we g-g-get around (Talkin’ ’bout my generation)
Things they do look awful c-c-cold (Talkin’ ’bout my generation)
I hope I die before I get old (Talkin’ ’bout my generation)

Insomma, vogliamo divertirci e speriamo di morire prima di diventare vecchi.

Quadrophenia (in cui vi devo avvisare è presente uno Sting ragazzone e altamente figo) racconta in maniera dettagliata i sogni e i problemi di questa generazione. Dentro ci sono gli Who, che non a caso sono i produttori esecutivi del film, un fatto realmente accaduto e un sacco di bella musica.

La trama ripercorre le tracce dell’omonimo album che la band pubblicò nel 1973, Quadrophenia, periodo in cui il movimento mod era ormai giunto alla sua fine. Non voglio spoilerare nulla e non vi anticiperò nessun dettaglio della storia. Vi dico solo che Quadrophenia è una voluta distorsione lessicale del termine schizofrenia, perché il protagonista (tanto dell’album, quanto del film) è caratterizzato da quattro distinte personalità, che altro non sono che le personalità di ciascun membro della band.

È un film che fa per voi se:

  • volete capire da dove derivi l’eterno scontro tra fighetti e rockettari e da dove, magicamente, tre/quattro anni fa siano saltati fuori i parka;
  • pensavate che gli Who fossero solo “quella roba che ascoltavano i miei genitori”. Vi ricrederete;
  • amate Sting;
  • pensavate che solo la vostra giovinezza fosse stata tragico-complicata o siete quelli del: “quando ero giovane io era tutto diverso”. Alla fine della fiera ogni generazione si scontra con gli stessi maledettissimi problemi.

E dunque cosa siete? Mod, rocker, fighetti alternativi o semplicemente “siete voi”, con la consapevolezza che potreste essere tutto o nulla?

 

SPREAD THE CULTURE

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo subito!

Autore

Sara Cartelli

Cogito Ergo Sum

email me

follow me

Sara Cartelli

biografia:

Copywriter, folletto tuttofare e mamma con una passione smisurata per la fotografia. La scrittura è una medicina che le permette di esprimere la propria personalità e far emergere la sua vera voce. Meglio di uno psicanalista. Alla perenne ricerca di una strada da seguire, al momento, preferisce perdersi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

NEWSLETTER

Join the eat culture

La cultura da mangiare che
non teme la prova costume.

Entra a far parte
della nostra famiglia!