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Anton Corbijn - Rolling Stones

Culture. Eat it

14 Marzo 2018

arte

Se solo potessi passare un giorno con Anton Corbijn. Quante cose potrei imparare dal più grande fotografo del rock.

di Sara Cartelli

Anton Corbijn potrebbe essere mio padre. Ha esattamente l’età di mio padre e, mio padre non me ne voglia, ma non mi sarebbe dispiaciuto per nulla essere sua figlia (anche se con tutta probabilità Anton, che di figli non ne ha, tra le scatole non mi avrebbe voluta mai).

Ma due padri non si posso avere e a quasi trentatré anni prendersi un padre così, a scatola chiusa, potrebbe rappresentare un rischio. Dunque mi tocca ridimensionarmi un tantinello.

Il desiderio più realistico (ma non troppo) potrebbe essere questo (Anton se mi ascolti batti un colpo):

poter passare un giorno con Anton Corbijn.

Se potessi passare un solo giorno con lui starei probabilmente in silenzio a guardare. Cercherei di capire quale magia si nasconda dietro il suo occhio.

Perché sì, è vero che Anton Corbijn è il più grande fotografo vivente del rock, ma non ha semplicemente immortalato con maestria i più grandi musicisti degli ultimi quarant’anni. Li ha ritratti nel senso più bello e puro del termine, è riuscito a tirare fuori la loro anima, la loro personalità, il loro carisma.

David Bowie, Rolling Stones, Nirvana, Prince, David Bowie, Nick Cave, Tom Waits, U2, Sex Pistols: tutte figure che a mio parere hanno più a che fare col divino che con il pianeta terra, dei dell’olimpo musicale che solo Anton Corbijn è riuscito a umanizzare. La vera rivoluzione dei suoi lavori è che il personaggio cede il posto alla persona. C’è sentimento, una strana vibrazione che ti fa andare oltre, che fa sembrare tutto incredibilmente vicino e a portata di mano.

Anton Corbijn - David Bowie
Anton Corbijn – David Bowie, 1993

Anton Corbijn - Nick Cave
Anton Corbijn – Nick Cave, 1996

Anton Corbijn - U2Anton Corbijn – U2, 1986

E dopotutto qual è il compito dell’arte se non abbattere i muri e le barriere?

Anton Corbijn riesce in questo intento con solo due colori. Bianco e nero, vita e morte, finzione e realtà, luce e ombra.

Il colore è centellinato, dosato, scelto per caratterizzare film (come The American o La Spia – A Most Wanted Man) e videoclip. Ne è uno splendido esempio la versione spettacolare e meno conosciuta di Viva la Vida dei Coldplay, che vede Chris Martin girovagare vestito da re portando sottobraccio il dipinto di Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (che è anche la copertina dell’omonimo album).

Ah, se solo potessi passare un giorno con Anton Corbijn.

Se potessi, Anton, ti ringrazierei. Perché una sera di un inverno qualunque, quando ancora esistevano i Blockbuster, il mio morosetto, nonché compagno, nonché ora padre di mio figlio, venne a casa mia con il dvd di Control.

Io non sapevo minimamente chi diavolo fossero i Joy Division (in realtà lo sapevo ma mi parevano troppo difficili da ascoltare), è solo dopo aver visto il tuo film che me ne innamorai. Grazie a te ho potuto conoscerli e apprezzarli. Grazie a te ho iniziato ad ascoltarli e li ascolto tutt’ora.

Dunque grazie Anton. Grazie di tutto.

anton corbijn - keith richards
Anton Corbijn – Keith Richards, 1980

Anton Corbijn - NirvanaAnton Corbijn – Nirvana, 1993

Anton Corbijn - Arcade Fire
Anton Corbijn – Arcade Fire

Anton Corbijn - Tom Waits
Anton Corbijn – Tom Waits, 2004

Anton Corbijn - PJ Harvey, 1998Anton Corbijn – PJ Harvey, 1998

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Autore

Sara Cartelli

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Sara Cartelli

biografia:

Copywriter, folletto tuttofare e mamma con una passione smisurata per la fotografia. La scrittura è una medicina che le permette di esprimere la propria personalità e far emergere la sua vera voce. Meglio di uno psicanalista. Alla perenne ricerca di una strada da seguire, al momento, preferisce perdersi.

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