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stanley kubrick e gianni canova

Culture. Eat it

26 Ottobre 2017

Senza categoria

Storie di vita e di cultura: Gianni Canova, Kubrick e Kristel sul tetto che… (s)cotta.

di Kristel Cescotto

Vabbè già per il titolo non solo non merito di essere letta. Ma merito proprio che chiudi il laptop (ho un hp – sto con il Team Bill. Se stai col Team Steve riformulo: chiudi il mac) fragorosamente e ti allontani infastidita.

Credo di aver scelto un titolo così di – parola con la m., quella con la c. non è abbastanza scurrile e a volte è proprio inevitabile usare quella con la m. – affinché tu non venga a conoscenza di questo aneddoto recondito e vergognoso che, in fondo, non ti vorrei nemmeno raccontare. Ma te lo racconto perché una pagina bianca ha poco da dire – anche se Fontana avrebbe qualcosa da obiettare a riguardo. Potevo risolverla con uno squarcio nello schermo. E invece.

Comunque volevo dirvi che le mie compagne di giochi mi hanno costretta a parlarvi di Kubrick e di Canova. Dunque è il caso che inizi.

Di quella volta che ho preso una cotta per mio nonno.

Dovete sapere che ho fatto il mio primo passo di avvicinamento al cinema ancor prima che l’orizzonte dell’Università facesse capolino sul calar del Liceo. Era una notte buia e per nulla tempestosa, di mezza estate, per così dire. Sonno zero. Del resto era proprio brutta la vita delle vacanze estive da teen: sveglia alle 11.00, amici, mare, festa, discoteca, magrezzitudine, voglia di vivere già saltata addosso. Insomma quella sera ero a casa e mi sollazzavo col telecomando. Gira che ti rigira, capito su I filmissimi di Rete4, seconda serata. Ebbene sì, sullo schermo, proprio lui. Il testamento di un genio: Eyes Wide Shut. Inutile dirvi che Kubrick, perlomeno sino ad allora, l’avevo sì sentito nominare, ma non avevo mai indagato oltre. Mi si è aperto un mondo. L’ho persino registrato su VHS quella notte, forse sopra un mio saggio di danza di quando ero una bambina spocchiosa – due piccioni con una fava.

Da lì in poi amore infinito e cinefilia oltre l’infinito, che nemmeno Bowman in 2001 . Insomma, potete solo immaginarvi l’estasi che mi ha pervasa tutta quanta quando alla prima lezione di Linguaggi del cinema, proprio il primo giorno del primo anno all’Università, Gianni Canova ha esordito dicendo che il corso monografico che avrebbe tenuto durante il primo semestre sarebbe stato interamente dedicato a Stanley Kubrick.

Odiatemi pure. Sono una di quelle che “a me non serve studiare, basta stare attenta in classe”.

Bene, l’esame di Gianni c’ho messo 3 anni a prepararlo. Ed era, a detta di tutti, tra i più facili del triennio. Credo di aver studiato anche gli indici dei libri in programma, letto le bibliografie consigliate. Sapevo tutto. Persino quante volte Arthur Schnitzler si era soffiato il naso. Libri consunti ma soddisfazione palpabile che ricorderò forevah.

Insomma alla fine dovevo pur darlo quest’esame – a meno che non volessi passare la mia intera vita in IULM. Ma sarebbe stata una splendida vita sapete: il bar con la pasta nei barattoli, il giardino zen, le piscine, le scale mobili… Gianni. Morale della favola: ho fatto l’esame con il Professore del mio Cuor e dopo 3 anni di studio quasi non spiccicavo parola tanta era la riverenza e l’emozione di essere seduti allo stesso tavolo. Alla fine volevo solo compiacerlo. Come quando vuoi far vedere al nonno che hai imparato ad andare in bici senza rotelle. Ma io ho suonato anche il campanello mentre mi esaminava.

Cosa pagherei per rivivere l’emozione vissuta nell’ora successiva a quell’esame. Però adesso cerco di farvela breve che mi sto facendo pesantezza da sola.

È finita che dopo la laurea gli ho scritto una e-mail infinita, segretata tutt’oggi nelle note di un mio ex telefono. Gli parlavo del mio amore per Kubrick, Eyes Wide Shut, Sorrentino, commentavo e avevo sete di replica su La grande bellezza. Vaneggiavo a proposito di quanto le sue lezioni avessero cambiato il mio modo di approcciarmi allo schermo. Gli raccontavo che, in definitiva, mi ha aperto talmente tanto (la testa) che non sono più riuscita per parecchi anni a godermi un film in santa pace. Gli spiegavo che dopo avermi fatto godere – con le sua incantevoli analisi – anche durante tutti i 170 minuti di Rocco e i suoi fratelli, ho capito che nessuno avrebbe mai più occupato il suo posto nel mio piccolo tenero cuore. Erano lezioni, le sue, che mi sogno ancora la notte. I soggetti unici del mio amore platonico lui e Jamie Dornan.

Credo siano trascorsi 4 anni buoni prima che la Canova detox facesse effetto e io riuscissi a godermi un film – anche il peggior b movie – senza un’infografica mentale onnipresente ad ogni scena con elucubrazioni sull’uso della luce, piani, fotografia, il tema del doppio, il colore rosso, la scacchiera, il labirinto, la maschera. Vedevo Kubrick anche ne I Griffin. Alla fine di ogni santo film mi ritrovavo tipo Jack Torrance nel finale di Shining. Solo che non ero in ginocchio sulla neve ma a casa in pigiama sul tappeto.

Ecco adesso sapete il perché degli svariati pipponi cinefili. Di quelli che preparo una New York Cheesecake e penso a te. The only reason are you, Gianni – come here.

Vabbè, si scherza eh. Si esaspera. Come in ogni sceneggiatura che si rispetti. Ma veramente il mio Professor Gianni mi manca assai.

Amarcord non mi hai mai abbandonata!

Per questo nessuno si stupirà di rivedermi presto ad una delle sue lezioni. Tanto paio ancora giovane e posso fare l’infiltrata.

Ragazze, vecchie compagne di lezioni e di cotta, non nascondetevi! L’età non conta. In fondo lo sappiamo bene che la cotta per Gianni ce l’abbiamo avuta tutte.

Ed ancora oggi, quando scorgo la sua sola Onitsuka Tiger Mexica 66 alla diretta dagli Oscar su Sky, e odo quella sua voce calda e avvolgente, focosa e sapiente, un brividino mi percorre e percuote tutta.

I’ll been always love you, my dear Gianni Canova.

 

Ph. Sara Cartelli
© The Eat Culture

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Autore

Kristel Cescotto

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Kristel Cescotto

biografia:

Cogitatrice impegnata, praticante dell’Amore Universale, su di lei nemmeno una nuvola. A 30 anni non ha ancora la minima idea di come vuole essere a 32: una, nessuna ma forse non centomila. Grazie al cielo tutto scorre. Panta rei. E alla fine, come in uno splendido giardino Bahai, verrà estasiata da un’illuminazione. E vivrà per sempre felice e contenta.

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