Home > storie > Storie di vita e di cultura: Siamo davvero tutte Frida?

siamo davvero tutte frida?

Culture. Eat it

27 Novembre 2017

storie

Storie di vita e di cultura: Siamo davvero tutte Frida?

di Ramona Lucarelli

Siamo davvero tutte Frida?

Il mondo ha trasformato la piccola messicana in un’icona pop. T-shirt, cuscini, lenzuola, matite, tazze, spille, orecchini, la sua immagine compare ovunque. Non riesco a non chiedermi cosa penserebbe oggi

Magdalena Carmen FRIDA Kahlo y Calderon.

Scrivere qualcosa che non sia già stato detto forse è impossibile ma mi piacerebbe farvi conoscere un po’ la Frida scrittrice, la ragazza prima della pittrice, la donna prima (e nonostante) Diego.

Perchè nel raccontare la vita di Frida senza i suoi diari, Diego, il Messico e l’arte, senza uno solo di questi elementi sarebbe come ascoltare una storia incompleta.

Frida Kahlo entra nella mia vita nel lontano 2005 ad un corso di storia della fotografia.

Un professore appassionato, di quelli che non dimentichi, parlava della fotografa udinese Tina Modotti la cui vita si intreccia per un breve periodo con quella della celebre messicana.

Fu attrazione.

Ero attratta dalla sua personalità: era forte e non capivo come, era fiera e mi confondeva, era appassionata nonostante la vita avesse fatto ben poco per darle ragione di esserlo. Eppure più ne leggevo, più nella mia testa il suo mito cresceva.

Frida è la migliore narratrice di se stessa. È lei stessa a costruire la sua leggenda.

In molti nel ricordarla ancora confondono la sua data di nascita: nasce il 6 luglio del 1907 e non del 1910 come lei affermava per identificare la sua nascita con quella del Messico post rivoluzionario.

Cresciuta in una numerosa famiglia al femminile, è Guillermo, suo padre, a rappresentare il suo punto di riferimento: “è la più intelligente delle mie figlie” usava dire “è quella che mi somiglia di più”.

La Frida adolescente è irriverente, impulsiva, “imparò a leggere in tre lingue: spagnolo, inglese, tedesco”. Un giorno però tutto in lei cambia.

Poichè ero giovane all’epoca la disgrazia non assunse l’aspetto di una tragedia; sentivo di avere energie a sufficienza per fare qualsiasi altra cosa invece di studiare per diventare medico. E senza farci molto caso, cominciai a dipingere.

La disgrazia ha avuto luogo il 17 settembre 1925 e quel giorno il dolore e la forza entrarono nella sua vita insieme all’arte.

Non è mai stata in grado di dipingere il suo incidente ma Frida ha dipinto molto bene se stessa.

Dando uno sguardo alla sua produzione, si nota che la messicana non fa mistero della predilezione per gli autoritratti:

Dipingo autoritratti perché sono così spesso sola, perchè sono la persona che conosco meglio.

Ha posato per se stessa ben 55 volte, quasi un terzo della sua intera produzione. Non per vanità ma per raccontarsi.

È stata la prima donna a dipingere la donna nella sua femminile fragilità, non come una modella, dando sfogo sulle tele ad un fardello di dolori che purtroppo non ha dovuto inventare. Ventotto i busti indossati: uno d’acciaio, tre di cuoio e i restanti in gesso.

La mia pittura porta con sé il messaggio del dolore.

Frida Kahlo conosce bene il dolore fisico.

Affetta da spina bifida (scambiata per poliomelite) a sei anni, colpita da un tragico incidente su un tram a diciotto, questi eventi la trasformano in una donna che lotta: con la vecchia pelona – come era solita chiamare la morte – con la sofferenza che mai l’abbandona, con la disabilità che la sottopone allo scherno e alla denigrazione.

In vita mia mi sono capitati due incidenti gravi… il primo è stato quando un tram mi ha messa al tappeto, l’altro è Diego.

Frida desidera fortemente essere amata. Ha attratto a sé Diego con la stessa forza e rapidità con la quale è riuscita a farlo scendere dall’impalcatura:

Stavo lavorando a uno degli affreschi superiori del palazzo del Ministero dell’educazione, quando sentii una ragazza che mi gridava qualcosa: “Diego, per favore, scendi giù di lì! Ho qualcosa di importante da discutere con te!”.

Lei e Diego sono l’elefante e la colomba, come la signora Kahlo li aveva definiti.

Molti sarebbero pronti a sparare a zero sulla loro relazione, sulla mancata fedeltà di Diego, sulla bisessualità di Frida, sulla sofferenza che si sono reciprocamente arrecati; il punto è che, come tutte le cose, non si può generalizzare, non si può pensare di sapere cosa è stato il loro amore.

Simbolo del femminismo: Frida è stata ripetutamente tradita e ferita.

Siamo davvero tutte Frida?

Allora dovremmo essere capaci di fare quello che costa di più ad una donna innamorata follemente del proprio compagno: perdonarlo.

Frida perdona Diego un numero infinito di volte ma lei capisce di non poter amarlo per ciò che non è.

Per questa ragione perdona: se stessa, Diego e la vita che la mette ripetutamente alla prova. Non lo fa a cuor leggero ma Frida è una che sa perdonare.

Diego è qualcosa di unico e irripetibile, malgrado tutto. Ed io ho avuto tutto, malgrado me.

Simbolo del Messico: per Frida scegliere il Messico è uno stile, una posizione politica, un’espressione d’amore.

Siamo davvero tutte Frida?

Allora dovremmo sapere rimanere fedeli a noi stesse.

Frida è una del popolo e, a prescindere da Diego, rimane sempre fedele a sé.

Il Messico è la sua terra, nutre un attaccamento primordiale.

Le sue origini parlano tedesco, ungherese, indiano, spagnolo ma è solo messicana che Frida si sentirà per tutta la vita. Il giorno del suo matrimonio con Diego indossa il vestito prediletto dalle donne dell’istmo di Tehuantepec note per la loro bellezza, sensualità, intelligenza, forza e coraggio.

Simbolo dell’arte del Novecento: Frida manterrà un atteggiamento umile verso la sua produzione artistica.

Siamo davvero tutte Frida?

Allora dovremmo essere oneste con noi stesse.

Frida non piegò mai la sua arte alle esigenze di mercato.

Se qualcuno acquistava uno dei suoi quadri diceva che le dispiaceva per l’acquirente: “Per quel prezzo potevano trovare di meglio”.

Per quanto laceranti, brutali, feroci fossero i suoi quadri, erano parte della costruzione di Frida e della sua esistenza.

Da quando l’incidente mi ha fatto cambiare strada e molte atre cose, non mi è stato mai permesso di realizzare i desideri che tutto il mondo considera normali e niente sembrava più naturale che dipingere ciò che non era stato realizzato… i miei dipinti sono… la più franca espressione di me stessa.

Per me, Frida è il simbolo dell’alegria, di un’incredibile volontà di vivere.

Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più.

Per fortuna nostra non se n’è mai andata o forse è solo uscita dalla porta per rientrare dal portone principale: è diventata il volto, e non la maschera, di molte giovani donne che in lei vedono forza, passione e coraggio.

A tutte le Frida, viva la vida!

Ps: Sto scrivendo nella rubrica Storie di cultura e di vita ma non posso fare a meno di consigliarvi un libro meraviglioso che racconta con eccezionale completezza la sua storia: Frida. Una biografia di Frida Kahlo di Hayden Herrera.

SPREAD THE CULTURE

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo subito!

Autore

Ramona Lucarelli

Per aspera ad astra

email me

follow me

Ramona Lucarelli

biografia:

È una storica dell'arte, ottimista ed empatica per natura. Immagina un mondo nel quale seminare gentilezza e provare felicità nelle piccole cose. Fin da bambina è innamorata delle storie, per The Eat Culture mangia libri e arte. Per aspera ad astra recita l'unico tatuaggio che ha sulla pelle. È lì per ricordarle che la strada che porta ai suoi sogni non sempre è facile ma qui non ci si arrende, mai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

NEWSLETTER

Join the eat culture

La cultura da mangiare che
non teme la prova costume.

Entra a far parte
della nostra famiglia!