
Culture. Eat it
20 Dicembre 2016
“Ed entrerà la luce in questa casa
ci sembrerà più magico il destino,
anche se non c’è niente da capire troverai
un motivo in più per esserci,
domani”
Domani, degli Otto Ohm, è la canzone più realisticamente romantica che esista sulla faccia della terra.
Così dicendo intendo concetti grandi e impegnativi tipo “La vorrei suonata al mio matrimonio” o meglio alla mia “festa dell’unione”, che non ha niente a che vedere con la festa dell’unità.
L’ho ascoltata un numero imprecisato di volte, finchè scrivo questo pezzo. Un numero che però si avvicina pericolosamente a 80.
Ogni riproduzione ha messo a dura prova l’amore dei miei familiari nei miei confronti e mi ha fatta commuovere.
Perché risveglia quella parte di me che non trova la bellezza nel solo struggimento, o passa l’85% del suo tempo a sentirsi persa a un crocevia tra: se stessa, Alda Merini, Giacomo Leopardi e Carrie Bradshaw.
Questi tre minuti e mezzo mi fanno sentire compresa e piena di speranza, allo stesso tempo, senza aver assunto dell’alcool.
Domani, degli Otto Ohm, mi fa provare l’amore.
Mi fa notare la luce.
Il medico oggi mi ha guardata e ha detto:“Deve abituarsi a girare con qualcosa attorno al collo, finchè non le togliamo”;
”Un cappio andrà bene ?”, ho risposto.
L’intento era far capire che, tirando le somme dell’anno, ero incazzata e ne avevo inoltre pieno diritto.
Ovviamente ho finito solo per suscitare ilarità.
Vado a casa e approfitto di questo giorno di tonsillite per fermarmi e fare una cosa che non è esattamente da me: non riflettere. Suppongo sia l’unico modo per tirare fuori la sensazione che ho dentro, scevra da ogni inutile deriva nostalgico-intellettuale.
Mi sento al sicuro.
In inglese la parola escapology indica due cose: l’ultimo album semi decente di Robbie Williams e quel cromosoma che, dentro di me, ogni tanto impazzisce e decodifica disastri.
Letteralmente significa “l’arte di fuggire dalle costrizioni”.
Quante volte sono stata l’Houdini delle relazioni, dei luoghi… Più in generale della paura stessa.
Figuratevi cosa sia stato il 2016 per me. Difficile per definizione, se per la prima volta in vita mia fuggire non è stato possibile. In assoluto.
Ma quest’anno pari e così testardamente ottuso, mi ha fatto anche capire che pian piano che il “non posso fuggire” arretrava, prendeva terreno il “restare”.
Un verbo davvero interessante. Bello quanto “domani”, una parola speciale… Soprattutto se preceduta da un “a”.
Restare e domani sono due promesse e sono reciprocamente necessarie.
In un abbraccio, in una casa, in una speranza, in una fede: è bello poter restare.
“Per essere finalmente felice, vorrei trovare la donna che ho sempre sognato di essere sotto le luci dell’albero”, ho pensato ascoltando la canzone.
“Ma in realtà preferisco un contapassi, per vedere i progressi che faccio ogni giorno per raggiungerla”, ho ammesso quando è finita.
Ho guardato fuori dalla finestra: c’era parecchio sole e tanto freddo.
In questo piccolo universo d’amore entrava la luce.
Ph. Sara Cartelli
© The Eat Culture
Autore

biografia:
Community Manager con la passione per la sociologia, vive da sei anni tra Padova e Milano. Una volta scrisse una strampalata teoria sulla Matematica, su di un compito di Matematica. Prese zero e il prof. le disse che doveva trovare sfogo alla sua troppa fantasia se voleva abitare nel mondo reale. Comprò un block notes e iniziò a scriverci tutto quello che le passava per la testa, nacque così l’amore per la scrittura, l’amore per l’espressione.