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La vera storia di Jingle Bells

Culture. Eat it

14 Dicembre 2022

leggi come suona

Le origini razziste di Jingle Bells

di Sara Cartelli

Natale ci regala sempre delle certezze.
Ammettiamolo, non è Natale senza gli Wham!, Mariah Carey e Jingle Bells.

Peccato che Jingle Bells e il Natale non viaggino proprio sullo stesso binario.
A giudicare dalla sua storia infatti, la prima canzone ad essere stata cantata nello spazzo, non ha nulla a che vedere con la gentilezza e il buon cuore che questo periodo richiede. Ha più a che fare con il razzismo.

Le sento già le voci: “eccola, la solita, il politicamente corretto, non si può più neanche cantare Jingle Bells”. Vi rassicuro. La storia che vi sto per raccontare è assolutamente reale ed è frutto di una ricerca condotta da Kyna Hamill: scrittrice, docente e direttrice del Core Curriculum della Boston University. L’articolo accademico completo lo trovate (se volete) qui, sul sito dalla Cambridge University.

Jingle Bells: la vera storia

La canzone fu eseguita per la prima volta il 15 settembre 1857 alla Ordway Hall di Boston dal menestrello Johnny Pell. La musica accompagnava uno dei tanti spettacoli dell’epoca che parodiavano, deridevano e denigravano gli ex schiavi africani liberati. Quegli spettacoli in cui tutti gli interpreti si truccavano per assumere le sembianze stereotipate dei neri, il cosiddetto blackface, creati apposta per bianchi abbienti che conquistavano tantissima gente e portavano tantissimi soldi.

One Horse Open Sleight, titolo originale di Jingle Bells, era una canzone dal carattere industriale, che riciclava caratteristiche di altre canzoni popolari, composta secondo “la formula”. In parole povere, era scritta per vendere.

Il suo autore, James Pierpont, non scriveva mosso da chissà quale sentimento, ma solamente per soldi. E la sua vita forse, fu più incredibile della storia stessa di Jingle Bells. Figlio di un abolizionista del New England, per sottrarsi al padre si arruolò nell’esercito, in seguito si trasferì in California cercando di sfruttare invano la corsa all’oro. Proprio nello stato dell’oro, precisamente a San Francisco, aprì un negozio di dagherrotipi che bruciò nel famoso incendio del 1851. Solo e senza alcun riferimento tornò a Boston e iniziò a scrivere canzoni perché era al verde.

Jingle Bells: una parodia per bianchi abbienti

Ma cosa centra con il razzismo una canzone che parla di quanto sia divertente viaggiare su una slitta trainata da un cavallo?

Centra il contesto in cui si colloca quel brano. Nella Boston e anche nella New York della metà dell’800, durante l’inverno, le slitte avevano preso il posto delle carrozze. Erano un mezzo non solo di trasporto ma anche di potere per i bianchi, che con la slitta ostentavano la loro ricchezza. Ci si spostava in slitta per divertirsi, andare a una festa a casa di una persona facoltosa.

Chi guidava le slitte? Gli ex schiavi africani liberati. Chi spesso intratteneva le serate dei bianchi? Gli ex schiavi africani liberati.

Ben presto le corse in slitta finirono all’interno della letteratura del periodo e, di conseguenza, sul palcoscenico dei menestrelli. Dove vennero parodiate. Johnny Pell presentò il brano portando sul palco un dandy di colore del sud, incompetente e buffone.

Inoltre, il testo conteneva/contiene parole come “thro”, “tho’t” e “upsot” che erano state scelte per suonare come meridionali a un pubblico del nord.

Quella canzone diceva chiaramente agli schiavi liberati che non c’era posto per loro nella società invernale bianca del Nord, nonostante gli abolizionisti settentrionali rivendicassero il merito della loro liberazione.

“Jingle Bells” divenne uno standard natalizio solo decenni dopo la sua prima esecuzione alla Ordway Hall. Alcuni cori della zona la adottarono come parte del loro repertorio negli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento e negli anni Ottanta del Novecento fu inserita in una serie di antologie di canzoni da salotto e universitarie.

E oggi, è paradossale, è il simbolo del nostro bianco, generoso, caritatevole Natale.

Jingle Bells: per chi preferisce ascoltare

Ti racconto su TikTok la storia di Jingle Bells.

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Photos: Sara Cartelli

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Sara Cartelli

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Sara Cartelli

biografia:

Copywriter, folletto tuttofare e mamma con una passione smisurata per la fotografia. La scrittura è una medicina che le permette di esprimere la propria personalità e far emergere la sua vera voce. Meglio di uno psicanalista. Alla perenne ricerca di una strada da seguire, al momento, preferisce perdersi.

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