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3 Marzo 2021

#telamostro

Laocoonte e i suoi figli

di Ramona Lucarelli

C’è un giorno preciso in cui avrei voluto essere Michelangelo ed è il 14 gennaio del 1506.

Quel giorno il pittore si trovava sul monte Esquilino insieme all’architetto Giuliano da Sangallo, inviato da papa Giulio II per assistere ad un ritrovamento eccezionale: il gruppo scultoreo del Laocoonte e i suoi figli.

E’ stato l’architetto da Sangallo a identificare i pezzi ritrovati con il celebre gruppo basandosi sugli scritti dell’autore latino Plinio Il Vecchio, il quale faceva riferimento ad una statua del Laocoonte nella villa dell’imperatore Tito sita sul colle Oppio dello straordinario ritrovamento.

Potrei dilungarmi sulla tediosa questione della datazione che si aggira tra il 40 e il 20 a. C. e che sul sito dei Musei Vaticani è circoscritta tra il 40-30 a.C. mettendo un punto alla vicenda.

Potrei parlarvi dell’attribuzione, il gruppo è stato realizzato da tre scultori dell’isola di Rodi, Agesandro, Atenodoro e Polidoro.

Potrei soffermarmi sull’originalità, si pensa sia copia romana di un originale in bronzo.

Invece vorrei solo dirvi di mettere in agenda una visita ai Musei Vaticani, non appena sarà possibile, perché il grande sacerdote di Apollo con la sua fantastica storia vi aspetta all’interno del Giardino del Belvedere, nel cortile ottagonale detto “Cortile delle Statue”, progettato da Bramante.

E’ lì per ricordare che tentò di smascherare l’espediente del cavallo di Troia, dichiarandosi contrario al suo ingresso in città:

“Questa è macchina contro le nostre mura innalzata,
e spierà le case, e sulla città graverà:
un inganno v’è certo. Non vi fidate, Troiani.
Sia ciò che vuole, temo i Dànai, e più quand’offrono doni.”

Quello che ottenne invece fu l’ira di Pallade Atena e di Poseidone e la loro vendetta arrivò presto: due serpenti marini, Porcete e Caribea, stritolarono i suoi figli, Antifate e Timbreo, e ciò venne letto dai Troiani come il segno che li portò ad accogliere il cavallo tra le mura.

Provo una forte empatia per quel viso straziato dal dolore ma pronto ad affrontare qualsiasi cosa pur di salvarli, e quel corpo forte e possente si batte fino alla fine finendo però anch’esso stritolato.

Quel corpo bianco che si tende nello spazio e che nel suo candore non manca di trasmettere i “colori” delle emozioni provate: dolore, sofferenza, tensione.

All’epoca del ritrovamento a quel corpo mancava un braccio. A lungo c’è stato chi ha ipotizzato fosse teso all’infuori, in una posa carica di eroismo, e chi invece come lo storico dell’arte Winckelmann ha concluso che l’arto doveva essere ripiegato dietro la spalla, come già ipotizzato da Michelangelo.

Solo nel 1906 grazie al ritrovamento del braccio originario, presso la bottega di uno scalpellino romano, ad opera dell’archeologo praghese Ludwig Pollack si è appreso che quest’ultima ipotesi era quella giusta.

Il Laocoonte ha ispirato molti tra scultori e artisti, e attraverso i disegni dell’epoca il gruppo scultoreo ha girato il mondo accrescendo la sua fama.

C’era chi come Francesco I re di Francia ne desiderava ardentemente una copia e che incaricò Baccio Bandinelli di realizzarla, ma che non raggiunse mai la Francia e oggi è custodita agli Uffizi di Firenze; per la residenza di Fontainebleau il re dovette accontentarsi di una copia in bronzo, realizzata da un calco in gesso, opera di Francesco Primaticcio.

Il solo e unico, per il momento chissà, è custodito presso i Musei Vaticani.

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Autore

Ramona Lucarelli

Per aspera ad astra

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Ramona Lucarelli

biografia:

È una storica dell'arte, ottimista ed empatica per natura. Immagina un mondo nel quale seminare gentilezza e provare felicità nelle piccole cose. Fin da bambina è innamorata delle storie, per The Eat Culture mangia libri e arte. Per aspera ad astra recita l'unico tatuaggio che ha sulla pelle. È lì per ricordarle che la strada che porta ai suoi sogni non sempre è facile ma qui non ci si arrende, mai.

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