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New york cheesecake + doppio cioccolato

Culture. Eat it

24 Febbraio 2017

food

New York Cheesecake + doppio cioccolato, come l’avrebbe voluta Stanley

di Kristel Cescotto

Non mi piace la matematica ma: la new york cheesecake + doppio cioccolato = una roba che orgia nel bel mezzo di Eyes Wide Shut levati.

Un sogno, fatto di doppio cioccolato e red passion, da gustare ad occhi spalancatamente aperti, mica “shut”. Via la maschera di pizzo e crine (rigorosamente by La Perla – mood Cinquanta sfumature: on) e fatevi guardare bene negli occhi mentre la assaggiate. Vi sarà concesso di chiudere i vostri ammalianti occhietti solo poco prima di deglutire, per poter così gustare al meglio l’orgasmo palatale in arrivo: la lussuriosità del cioccolato unita alla fragranza della fragola, per poi finire in bellezza con la consistenza vellutata del cream cheese.

Dicevo che, se ho conosciuto bene Stanley, l’avrebbe voluta proprio così una cheesecake a lui dedicata. Una base New York, la City per antonomasia; un accenno di rosso, colore che adorava e del resto ricorrente nella fotografia dei suoi capolavori; un tocco di doppio – perchè tutto ha il suo opposto, come il giorno e la notte, come il cioccolato bianco vaniglioso e quello nero, severo ma giusto.

Io, Stanley Kubrick, lo amai, lo amavo e lo amerò. E Eyes Wide Shut è il mio Film preferito. Fin da quando ignoravo il Cinema. Ed è un fatto strano averne goduto senza conoscere. Mi ha scatenato la cinefilia, non i traumi che dovrebbe provocare una sceneggiatura ispirata a Traumnovelle vista per sbaglio in seconda serata a 11 anni. Io Doppio Sogno, da brava Bastian Contrario, non l’ho ancora letto.

Fridolin – che grazie a Dio non è del tutto Bill, ha fatto talmente arrabbiare Sara e Ramona che l’ho rilegato nel fondo della libreria, in attesa di tempi migliori. Anche perché l’aderenza del film al libro, da rimembranze scolastiche, mi era stata descritta come sorprendente, solo tre variazioni volute: Ziegler/Pollack che spiega l’orgia a Bill/Tom Cruise; la dislocazione geografica dell’ambienazione da Vienna a New York; la parola d’ordine “Fidelio”. Fino ad oggi insomma mi era stata celata la stoltaggine di questo deficiente di Fridolin – che poi si va bene che Bill è un povero idiota ma non come lui, che poi “Fridolin” che cavolo di nome è? Quando le mie socie in malaffari hanno citato questo signore su watsupp credevo fosse una storpiaggine del correttore automatico. Invece no è stato chiamato proprio come un coglione, nomen omen.

Ho vissuto nel terrore che leggere la storia alla quale Stanley si è ispirato per concepire Eyes Wide Shut avrebbe rovinato per sempre la mia meraviglia nel guardarlo e che, anche dopo averlo visto 20 volte, che avrebbe serrato il mio sguardo immensamente aperto nei suoi confronti.

Comunque non vi racconterò la vera storia di come Gianni Canova, Professore di Cinema dei bei tempi universitari – andati- mi ha trasformata in una pazza cinefila furiosa.

Ma vogliamo per caso parlare di quanto cazzo è geniale Eyes Wide Shut? Un’odissea nella rappresentazione dove l’uomo cerca di esorcizzare l’inganno, la menzogna, la rappresentazione stessa.

È un film sullo sguardo, sulla non-facoltà del vedere, sull’occhio, un occhio ossimorico – che è simultaneamente “wide” e “shut”- un occhio immensamente chiuso. Ma gli occhi dunque sono più aperti o più chiusi? È sufficiente avere gli occhi aperti per vedere? È un film che analizza i vari strati che compongono la nostra visione. Cosa guardano e cosa invece vedono i nostri occhi: il reale, l’immaginario o l’invisibile? Tutti e tre forse. Come il sogno di Alice, che poi Bill immagina e che noi non sapremo mai fino in fondo se l’abbia o meno anche vissuto.

È un film sulla presunzione del maschio. Bill dice di non aver bisogno di guardare quanto sua moglie Alice sia bella. Ci fa riflettere sui giochi di potere che governano la società umana, quella più becera. Quella che fa fluttuare il potere sui corpi, attraverso i corpi, sottomessi alla dominazione mediata dal denaro sulla donna. Pensate a tutte le volte che lui, insicuro, non fa altro che ostentare il suo distintivo di medico, come fosse l’unica possibile affermazione del suo posto nel mondo. I suoi rapporti non sono altro che un cerimoniale meccanico contornato da comunicazione quasi esclusivamente fàtica. Bill vive di atti mancati, è un inadeguato – come quasi tutti gli uomini – che aspetta sempre la venuta di un qualcuno che lo guidi, ed a farlo è sempre una donna. Un uomo senza qualità che Kubrick tratteggia in modo acido.

È un film sul doppio. La specularità ricorre fin dal primo fotogramma: Alice, come nell’opera di Carrol, davanti allo specchio, con addosso gli occhiali che ne duplicano lo sguardo, sembra voler sprofondarci dentro. Due sono le confessioni, due sono i protagonisti e i sogni che li tormentano.

È un film sul sogno. Lui sogna ciò che lei ha immaginato, lei ascolta ciò che lui ha visto. Parole e immagini in questo film non coincidono mai:

non c’è sogno che sia  soltanto sogno

È un film sulla maschera. Già il volto di Bill è di per sé una maschera: un’espressività ridotta a smorfie ebeti. Proprio una maschera infatti dormirà sul cuscino accanto ad Alice, come se fosse condannata per l’eternità ad un rapporto esclusivamente mediato da questa. Per non parlare dell’orgia di 17 minuti, rituale feticisticamente sostitutivo dei rapporti sociali. Le scene di sesso spinto di Somerton, con i partecipanti celati dalle maschere grottesche, non sono altro che l’estrinsecazione di un più generale principio di mascheramento sociale.

E dopo tutti questi vaneggiamenti, forse, una sola cosa ci resta da fare – per dirlo con le parole di Alice:

Scopare.

Se non avete mai visto Eyes Wide Shut (vergognosi!) so che non avrete capito una mazza di quello che dicevo poco sopra – e forse anche se lo avete visto, non mi sono fatta capire ugualmente. Ma non importa, in entrambi i casi sarà servito da terapia-flusso-di-coscienza personale e Schnitzler e il suo amichetto Freud Saranno felici dei miei progressi. In tal caso, potrete usufruire ugualmente della ricetta qua sotto, e ne sarà valsa la pena comunque.
[ Comunque ogni tanto poi ci ripenso alle cose che scrivo, mi rendo conto e me ne pento eh.]

 

NEW YORK CHEESECAKE + DOPPIO CIOCCOLATO: LA RICETTA

INGREDIENTI (per uno stampo da 26 cm)

Per la base di biscotto:

  • 300 gr di biscotti integrali (o digestive)
  • 80 gr di burro fuso
  • 1 cucchiaino di miele

Per la crema:

  • 400 gr di Philadelphia
  • 300 gr di ricotta fresca vaccina
  • 200 gr di zucchero semolato bianco
  • 150 gr di panna fresca
  • 50 gr di yogurt greco
  • 4 uova intere
  • Lo zest di un limone biologico
  • I semi di mezzo bacello di vaniglia
  • Un cucchiaino raso di farina 00
  • Un pizzico di sale

Per la gelè di fragola:

  • 250 gr di fragole
  • Il succo di mezzo limone
  • 30 gr di zucchero
  • 6 gr di colla di pesce

Per la ganache al cioccolato:

  • 100 gr di panna fresca
  • 50 gr di cioccolato fondente
  • 50 gr di cioccolato bianco

 

Mentre assaggi ascolta: Baby did a bad bad thing, Chris Isaak [ e poi guarda Eyes Wide Shut ]

New york cheesecake + doppio cioccolato

 

PROCEDIMENTO

Per la base:

  1. Frulla finemente i biscotti, aggiungi il cucchiaino di miele, il burro fuso e lavora il composto direttamente con la mano.
  2. Imburra leggermente lo stampo, sia il fondo sia il cerchio apribile; dunque fodera entrambi con la carta forno.
  3. Metti alcune manciate di impasto all’interno dello stampo e crea prima il bordo e poi la base, pressando con le dita per compattare il biscotto.
  4. Fai riposare in frigorifero per almeno 30’.

 

Per la crema:

  1. Amalgama il Philadelphia con la ricotta, lo yogurt, lo zucchero, la buccia del limone grattugiata, i semi della vaniglia e le uova. Io ho lavorato il tutto nella planetaria, ma anche le fruste elettriche andranno benissimo.
  2. Ora che il composto è omogeneo aggiungi anche la panna e incorporala senza montarla.
  3. Infine agiungi il cucchiaino di farina e il pizzico di sale.
  4. Rovescia la crema nella base di biscotto ormai raffreddata fino a coprire il bordo e cuoci in forno preriscaldato a 160° per 1 ora e mezza, avendo cura di aprire lo sportello del forno per far uscire il vapore negli ultimi 5mins.
  5. Una volta cotta lascia raffreddare a temperatura ambiente e fai rassodare in frigorifero per almeno 3 ore.

 

Per la gelè:

  1. Metti i fogli di gelatina in ammollo in acqua fredda per dieci minuti.
  2. Frulla le fragole private del picciolo assieme allo zucchero e al succo di limone;
  3. fai scaldare in un pentolino qualche cucchiaio di purea di fragole e scioglici dentro la gelatina.
  4. Unisci alla restante purea e versa sopra la torta, avendo cura che non sbordi.
  5. Fai raffreddare un’ora in frigo.

 

Per la ganache:

  1. Fai sobbollire la panna, togli dal fuoco e versala in parti uguali in due diverse ciotoline.
  2. in una sciogli il cioccolato fondente tritato; nell’altra quello bianco.
  3. Lascia intiepidire e decora la cheesecake con “fili” di glassa (io ho usato dei coni di carta forno).
  4. Fai riposare in frigo per mezzora.

 

Puoi decorare con frutti di bosco, fragole, fiori edibili o tutto ciò che ti pare. Si conserva in frigo per tre giorni – ma tranquilli che siete fortunati se ne avanza una fetta per il giorno successivo.

The Eat Culture: New york cheesecake + doppio cioccolato

 New york cheesecake + doppio cioccolato

 New york cheesecake + doppio cioccolato

 New york cheesecake + doppio cioccolato

New york cheesecake + doppio cioccolato

Ph. Sara Cartelli
© The Eat Culture

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Autore

Kristel Cescotto

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Kristel Cescotto

biografia:

Cogitatrice impegnata, praticante dell’Amore Universale, su di lei nemmeno una nuvola. A 30 anni non ha ancora la minima idea di come vuole essere a 32: una, nessuna ma forse non centomila. Grazie al cielo tutto scorre. Panta rei. E alla fine, come in uno splendido giardino Bahai, verrà estasiata da un’illuminazione. E vivrà per sempre felice e contenta.

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