Culture. Eat it
2 Settembre 2020
La notte cala. Il silenzio regna. Il tempo scorre.
Le opere di Edward Hopper raccontano un mondo solitario, fatto di uomini e donne assorti nei loro pensieri. Eppure chi li guarda non può fare a meno di chiedersi “A cosa stanno pensando?” – e ancora – “Chi sta per arrivare in quel locale?”
Il locale in questione è quello del famosissimo quadro Nighthawks (1942).
È l’America degli anni ’40, della seconda guerra mondiale, della crescita economica e in questo vortice assordante Hopper dipinge la solitudine.
I suoi quadri sono momenti sospesi, attese, silenzi assordanti. La sua eccezionalità sta proprio nel tentativo ben riuscito di cristallizzare uno dei tanti attimi di cui si compone il tempo, che inesorabile scorre e si ripete.
Nel suo quaderno di disegni il pittore fa uno schizzo della scena che la moglie Josephine, sua modella, in una lettera indirizzata alla sorella definirà “un’immagine molto bella”.
Una luce calda si riversa in una strada deserta. Due uomini e una donna siedono al bancone del bar ma nessuno sembra percepire la presenza dell’altro, vano anche il tentativo del barista di catturare i loro sguardi.
Il titolo originale era Night Hawks letteralmente “Falchi notturni” dalla fisionomia di uno degli avventori del locale notturno dal naso aquilino. Il quadro è custodito all’Art Institute di Chicago.
Autore
biografia:
È una storica dell'arte, ottimista ed empatica per natura. Immagina un mondo nel quale seminare gentilezza e provare felicità nelle piccole cose. Fin da bambina è innamorata delle storie, per The Eat Culture mangia libri e arte. Per aspera ad astra recita l'unico tatuaggio che ha sulla pelle. È lì per ricordarle che la strada che porta ai suoi sogni non sempre è facile ma qui non ci si arrende, mai.