Home > storie > storie di vita e di cultura > Quello che la storia tra Oriana Fallaci e Alekos Panagulis può insegnarci sull’amore

Culture. Eat it

12 Febbraio 2020

storie di vita e di cultura

Quello che la storia tra Oriana Fallaci e Alekos Panagulis può insegnarci sull’amore

di Sara Cartelli

L’amore è una grammatica complessa priva di logiche elementari. È forse per questo che in tanti hanno provato e provano tutt’ora a descriverlo, in modi sempre diversi. Oriana Fallaci ha descritto il suo per Alekos Panagulis in Un uomo. Lui, la persona che per lei incarnava perfettamente tutti i significati della parola uomo: politico, rivoluzionario, poeta, l’amore della sua vita.

Oriana e Alekos la prima volta che si vedono non si conoscono, si riconoscono. Giovedì 23 agosto 1973 lei sbarca ad Atene nervosa, perché deve intervistarlo. Alekos, un giorno prima, era stato scarcerato dopo cinque anni di prigionia a causa del tentato omicidio del dittatore Papadopoulos. Lo incontra nella sua casa che in quel momento è gremita di visitatori, giornalisti, curiosi. Appena la vede lui si alza di colpo e corre ad abbracciarla, come se la conoscesse da sempre. E forse si conoscevano già, perché nel periodo della prigionia lei gli aveva fatto compagnia con i suoi articoli e lui le aveva infuso coraggio, come avrebbe raccontato Oriana in seguito, “col semplice fatto di esistere”.

Ne segue un’intervista intensa in cui Alekos racconta i suoi anni di segregazione, le torture inflitte, la perenne sensazione di una vita appesa ad un filo in attesa di una condanna a morte che poi non avverrà. E proprio nei sogni di un condannato a morte nascono parole d’amore, quello carnale e quello per la vita.

Alekos: […]mi turbò leggere la versione che Kazantzakis dà sulla morte di Cristo. In quel libro v’è un momento in cui Cristo chiude gli occhi, sulla croce, e dorme. E sogna un sogno che è un sogno di vita. Sogna che… Ma non voglio parlare di questo. Non è bello parlare di questo.

Oriana: Non importa, tanto ho capito lo stesso che sognasti di fare l’amore con una donna. Nel libro di Kazantzakis, Cristo sogna che sta facendo l’amore con Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro. Già… dieci minuti di sonno per sognare la vita… È giusto così, è bello così.

Quell’incontro greco in un caldo agosto del 1973 dà vita a una storia intensa, vera, tormentata, costellata da tradimenti e dolori, tra cui un aborto spontaneo. Quello che Oriana Fallaci racconterà con sentimento e infinito garbo in Lettera a un bambino mai nato, che si concludeva così:

Tu sei morto. Forse muoio anch’io. Ma non conta. Perché la vita non muore.

Le prime bozze di Lettera a un bambino mai nato risalgono al 1969 (Oriana in vita sua ebbe tre aborti spontanei), ma la versione definitiva venne data alle stampe nel 1975. Panagulis, che oltre ad essere un rivoluzionario era anche un poeta, volle dare il suo contributo alla stesura del libro tanto da costringere Oriana a nascondere le bozze ovunque, anche dentro alle pentole. Il finale previsto da Oriana, che era lo stesso che possiamo leggere oggi, causò un’accesa lite che venne riparata con delle scuse e una proposta di compromesso: quel “forse”. Forse muoio anch’io. Dalla trentasettesima edizione del libro il finale però torno alla sua versione originale:

Tu sei morto. Ora muoio anch’io. Ma non conta. Perché la vita non muore.

Il forse divenne ora perché Alekos non c’era più, morto in un’incidente automobilistico che aveva più il sapore dell’attentato, a tre anni solamente da quell’intervista che li aveva fatti incontrare. Quell’ora che segna la fine di ogni possibilità, strappata dall’ineluttabilità della morte, la fine di una storia d’amore.

Un uomo di Oriana Fallaci: il racconto di un amore

In Un Uomo Oriana Fallaci racconta la vita di un combattente/poeta, ma soprattutto mette nero su bianco tutte le sfumature, anche quelle più amare, dell’enorme sentimento che provava per Alekos Panagulis. Sentimento non spinto da un’attrazione fisica da parte di Oriana, che rifiuta ogni ragione ma che anzi, trasforma tutte le ragioni per non essere innamorata in ragioni per amare:

Ad esempio, il tuo corpo non mi attraeva, non capivo le donne che lo giudicavano bello e se ne invaghivano perdutamente tradendo il marito, umiliandosi pur d’essere scaraventate contro un muro o su un letto, per poter raccontare agli altri e a se stesse di averti toccato. […] Forse non ero innamorata di te, o non volevo esserlo, forse non ero gelosa di te, o non volevo esserlo, forse mi ero detta un mucchio di verità o menzogne, ma una cosa era certa: ti amavo come non avevo mai amato una creatura al mondo, come non avrei mai amato nessuno. Una volta avevo scritto che l’amore non esiste, e se esiste è un imbroglio: che significa amare? Significava ciò che ora provavo a immaginarti impietrito, perdio, con lo sguardo di un cane preso a calci perché ha fatto la pipì sul tappeto, perdio! Ti amavo, perdio. Ti amavo al punto di non sopportare l’idea di ferirti pur essendo ferita, di tradirti pur essendo tradita, e amandoti amavo i tuoi difetti, i tuoi errori, le tue bugie, le tue bruttezze, le tue miserie, le tue volgarità, le tue contraddizioni.

Un amore che non nasce dal corpo ma che si fa corpo. Due anime che diventano un tutt’uno: respiro, identità, sogno, speranza, ma anche malattia. Una malattia che Oriana descrive come un cancro, perché quello con Panagulis era un amore che la divorava e dal quale, invano, aveva cercato spesso di fuggire. Anche quella volta in cui scappò da lui urlandogli in faccia “crepa!”. Parola che col senno di poi, come lei ammise, le rimase sulla coscienza per il resto della vita.

E forse il tuo carattere non mi piaceva, né il tuo modo di comportarti, però ti amavo di un amore più forte del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto inguaribile, che ormai non potevo più concepire la vita senza di te. Ne facevi parte quanto il mio respiro, le mie mani, il mio cervello, e rinunciare a te era rinunciare a me stessa, ai miei sogni che erano i tuoi sogni, alle tue illusioni che erano le mie illusioni, alle tue speranze che erano le mie speranze, alla vita! E l’amore esisteva, non era un imbroglio, era piuttosto una malattia, e di tale malattia potevo indicare tutti i segni, i fenomeni.

Oriana Fallaci e Alekos Panagulis: storia di un amore

Quello che Oriana Fallaci racconta in Un Uomo è un amore imperfetto, ma come lei stessa ammette un grande amore. È un amore che mette insieme tutte le forme d’amore, di carne e di spirito. Un amore vivo nonostante la morte e che vive ancora nelle parole e nel sentimento che signora morte non potrà mai cancellare.

S’agapò tora che tha s’agapò pantote.
“Cosa significa?”
“Significa: ti amo ora e ti amerò sempre. Ripetilo.”
Lo ripeto sottovoce: “E se non fosse così?”
“Sarà così.”
Tento un’ultima vana difesa: “Niente dura per sempre, Alekos. Quando tu sarai vecchio e…”
“Io non sarò mai vecchio.”
“Sì che lo sarai. Un celebre vecchio coi baffi bianchi.”
“Io non avrò mai i baffi bianchi. Nemmeno grigi.”
“Li tingerai?”
“No, morirò molto prima. E allora sì che dovrai amarmi per sempre!

Mancano due giorni a San Valentino. Questa storia è per te che ami, per te che hai amato, per te che ti senti ferito, per te che ti senti vulnerabile e per te che sei stato tradito. È per te che ti sei concesso a quello straordinario sentimento ordinario che ha coinvolto tutta la sfera delle tue emozioni. Per te che ti senti sbagliato. Le parole di Oriana ci ricordano che siamo tutti fragili davanti alla potenza dell’amore e che gli amori non sono fatti di linee rette da seguire, ma di dinamiche complesse, che la loro durata nel tempo non ne aumenta il valore e che no, gli amori, se sono degni di chiamarsi tali, non potranno mai dirsi finiti. Perché “la vita non muore” e nemmeno l’amore.

 

 

Immagini via: citynow.it / rai.it

SPREAD THE CULTURE

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo subito!

Autore

Sara Cartelli

Cogito Ergo Sum

email me

follow me

Sara Cartelli

biografia:

Copywriter, folletto tuttofare e mamma con una passione smisurata per la fotografia. La scrittura è una medicina che le permette di esprimere la propria personalità e far emergere la sua vera voce. Meglio di uno psicanalista. Alla perenne ricerca di una strada da seguire, al momento, preferisce perdersi.

1 commento

    La storia tra Oriana Fallaci e Alekos Panagulis può insegnarci cosa siano la dipendenza affettiva e il narcisismo patologico – cose ben lontane dall’amore. Lei, donna forte e indipendente, è caduta nella trappola di lui, manipolatore emotivo. Oriana durante i tre anni passati con Alekos ha messo da parte se stessa per darsi completamente a un uomo che l’ha sempre svalutata e tradita. Lei ha rischiato più volte la vita per stare con lui e chi la vita l’ha persa veramente è stato il bambino che lei aspettava, ucciso da un calcio di lui sulla pancia di lei. E questo, nel 2020, ancora viene chiamato “Amore”?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

NEWSLETTER

Join the eat culture

La cultura da mangiare che
non teme la prova costume.

Entra a far parte
della nostra famiglia!