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24 Febbraio 2016

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TI SEI ABITUATO A TOLLERARE LA VIOLENZA?

di Sara Cartelli

Quale valore diamo al rispetto? Esiste ancora la parola rispetto? Pare sia diventato molto facile non rispettare le persone come individui. Si combatte per negare diritti, si fanno morali d’ortografia, si etichettano le persone come fossero prodotti da mass market, si denigra l’altrui pensiero.

Super promozione: insulti “aggratis”. Venghino signori venghino! Insulti chi può.

Leggendo queste parole molti di voi staranno pensando: ecco, la solita piagnucolosa. Tra poco uscirò di casa per la mia scorta settimanale di Cleenex. Probabilmente morirò arrugginita a furia di piangermi addosso. O forse no.

Eppure basterebbe così poco, come pensare. Potrebbe sembrare banale, ma in realtà molto spesso agiamo prima di pensare, oppure non pensiamo affatto. La frenesia, la vita moderna, la connettività e la socialità richiedono di essere sempre sul pezzo, sempre presenti e onnipresenti, a discapito di noi stessi. Che all’improvviso siamo diventati onniscienti e intolleranti. Un esercito di giudici che, dall’alto del loro sapere, sentenziano pareri lapidari (il più delle volte di nessuna utilità) senza nemmeno prendersi la briga di comprendere.

Comprendere che ognuno ha il diritto di esprimere il proprio pensiero. E che sì, incredibile ma vero, ci si può confrontare in maniera civile anche con chi non la pensa come noi.

Comprendere che quasi tutti abbiamo una maestra d’italiano ancora viva e che l’insulto ortografico non ci rende più colti o intelligenti di chi ha commesso l’errore.

Comprendere che le persone sono così meravigliosamente complesse da non poter essere etichettate. Non siamo prodotti da supermarket, quindi non ha nessun senso definirci come negri, piddini, comunisti, grullini o sinistronzi. “Scusi avrei bisogno di un fascio! Scaffale 4 corsia numero 2.”

Comprendere che il bullismo non riguarda solo gli adolescenti e la violenza fisica, perché la violenza psicologica è come un colpo di lama che trafigge la schiena a tradimento. Le parole pesano come macigni e la forma non vale più della sostanza. Puoi dire “fai schifo” o “fai schif!!” o “ti schifo”, che l’italiano sia corretto oppure no il messaggio arriva comunque, forte e chiaro.

Comprendere che non conosciamo chi sta dall’altra parte dello schermo, ma soprattutto che dall’altra parte dello schermo risiede una persona in carne e ossa con un vissuto, un percorso e una storia che ci sono oscuri.

Comprendere che per donare felicità basta davvero pochissimo, come un sorriso, un saluto, una mano tesa o una parola di conforto.

Comprendere che la gentilezza è gratis e dispensarla rende felici non solo gli altri, ma pure noi.

Comprendere che la diversità è una possibilità che include nuove scoperte e nuove conoscenze, se le permettiamo di entrare nella nostra vita.

Forse ho esagerato e forse questo post pare un sermone. Non voglio fare il prete, non vado a messa dalla cresima se escludo matrimoni, battesimi e funerali. Sarà che sto per diventare mamma e ho gli ormoni impazziti. Sarà che spero che mio figlio possa vivere in un paese più “civile” e realmente democratico. Spero solo che non ci abitueremo a questo tipo di violenza. Perché abituarsi significa approvarla, tollerarla, abbassare lo sguardo. Perché abituarsi significa vivere in un mondo indifferente ed egoista ed io voglio credere nelle favole, anche se la vita non è un film.

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Autore

Sara Cartelli

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Sara Cartelli

biografia:

Copywriter, folletto tuttofare e mamma con una passione smisurata per la fotografia. La scrittura è una medicina che le permette di esprimere la propria personalità e far emergere la sua vera voce. Meglio di uno psicanalista. Alla perenne ricerca di una strada da seguire, al momento, preferisce perdersi.

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