Culture. Eat it
22 Aprile 2018
Colazione da Tiffany è uno di quei classici che non avrei mai voluto leggere.
Il mito cinematografico di Audrey Hepburn mi ha sempre un po’ offuscato la mente.
Credo infatti che la sua iconica interpretazione abbia precluso a molti la conoscenza della vera Holly Golightly, perché la Holly di Truman Capote è tutta un’altra storia.
Capote non avrebbe nemmeno voluto la Hepburn per la sua protagonista. Le preferiva infatti Marilyn ma persino per l’agente della Monroe il personaggio di Holly era “troppo”.
Descritta da Capote come una giovane escort, Holly era “troppo” giovane ma navigata.
Non voglio dire che non mi interessi diventare ricca e celebre. Sono cose che ho in programma, e un giorno o l’altro cercherò di raggiungerle; ma, se dovesse succedere, il mio ego me lo voglio portare appresso. Voglio essere ancora io quando mi sveglierò una bella mattina e andrò a fare la prima colazione da Tiffany.
Era “troppo” sola ad affrontare le sue paturnie.
Mi sono accorta che per sentirmi meglio mi basta prendere un taxi e farmi portare da Tiffany. È una cosa che mi calma subito, quel silenzio e quell’aria superba: non ci può capitare niente di brutto là dentro, non con quei signori vestiti così bene, con quel simpatico odore d’argento e di portafogli di coccodrillo.
Era “troppo” libertina ma venne censurata. Capote attribuisce ad Holly un’ambiguità sessuale che nel film mal si sposava con l’icona di stile ed eleganza che la Hepburn rappresentava.
Era anche “troppo” instabile, incapace di instaurare legami duraturi perché sempre in transito nel mondo.
Non voglio possedere niente finché non avrò trovato un posto dove io e le cose faremo un tutto unico. Non so ancora precisamente dove sarà. Ma so com’è.
Eppure tutti desideravano Holly e in qualche modo persino il narratore, Paul, che si accinge a raccontare la sua storia.
Questo piccolo libro dona un grande Capote: celebro lo scrittore, meno la protagonista. Holly mi è piaciuta a tratti (pochi) ma ciò che ha reso davvero piacevole la lettura del romanzo è senza dubbio la scrittura dell’autore. Elegante, raffinata, scorrevole, Capote è riuscito dove molti falliscono.
Ha costruito una storia non intorno ad una donna, Holly, ma intorno ad un tipo di donna. Ha raccontato di una figura maschile, Paul, probabilmente omossessuale, desiderando tra i due un altro tipo di amore, non necessariamente da lieto fine, che non per questo si rivela meno forte o vero.
Io credo nel rosa. Io credo che ridere sia il modo migliore per bruciare calorie. Io credo nei baci, molti baci. Io credo nel diventare forte quando tutto sembra andare storto.
Diceva Audrey Hepburn e credo che anche Holly l’avrebbe pensata così.
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Una Colazione da Tiffany
Ph. Sara Cartelli
© The Eat Culture
Autore
biografia:
È una storica dell'arte, ottimista ed empatica per natura. Immagina un mondo nel quale seminare gentilezza e provare felicità nelle piccole cose. Fin da bambina è innamorata delle storie, per The Eat Culture mangia libri e arte. Per aspera ad astra recita l'unico tatuaggio che ha sulla pelle. È lì per ricordarle che la strada che porta ai suoi sogni non sempre è facile ma qui non ci si arrende, mai.