Culture. Eat it
11 Settembre 2015
Mentre io e Sara cantavamo, spettegolavamo, ballavamo, mentre parlavamo con kiki e kipu (i due cagnolini onnipresenti nella cucina di the eat culture), mentre bevevamo uno, due, tre caffè, mentre discorrevamo sui massimi sistemi, pianificavamo di conquistare il mondo e non da ultimo, in contemporanea, cucinavamo questa s-e-n-s-a-z-i-o-n-a-l-e ricetta, un’illuminazione ci colse all’improvviso. Inaspettata tanto quanto anelata, ci fulminò nella via tra il piano cottura e il forno, lasciandoci estasiate. Avete mai mangiato un determinato cibo, provato un abbinamento culinariamente inusuale, gustato un cibo della vostra infanzia e pensato che tutto era fantastico ma mancava qualcosa?
Sono giunta alla conclusione che l’atto del mangiare sia una cosa talmente sacra, un’esperienza talmente piena, un’azione così emozionale da non poter prescindere il suo essere totalizzante. Necessita di un contesto perfetto per essere goduta, uno sfondo che completi il sapore che la lingua trasmette al cervello. Tutto questo delirante sragionamento per dirvi che da oggi abbinerò – solo per voi – non il vino (vorrei ma non posso, non ne sono capace…ma ci stiamo lavorando) bensì una canzone alla ricetta di ogni piatto che vi proporrò. Fidatevi che farà davvero la differenza. Come tutte le migliori scoperte che hanno cambiato il mondo anche la mia è frutto di un giusto mix di casualità, di dolce bacio delle tre Moire, di peculiari e delicate congiunzioni astrali.
Mentre assaggiavo un boccone di questa torta salata Sara mise un disco (noi abbiamo il giradischi altro che i-pad, che credete) e wow: la musica accompagnava alla perfezione il sapore del cibo, ne amplificava il gusto in un’armonia orecchio-bocca edenica. E quando lo provi non torni più indietro, sapevatelo. Vi lascio con una domanda: secondo voi sarebbe utile condividere questi miei pensieri anche con un bravo psicologo?
Colonna sonora consigliata: Edith Piaf – La vie en rose
Grado di difficoltà: Elementare Watson!
INGREDIENTI (per 4 persone, o più se servito come appetizer)
- 5 sfoglie di pane Carasau
- 250 stracchino
- 250 Philadelphia
- 100 gr speck
- 2 porri
- Mezza cipolla di tropea
- Olio, sale, pepe, rosmarino q.b
PREPARAZIONE
Iniziamo dal porro: lo tagliamo a rondelle e lo mettiamo a stufare con poco sale e pepe in una padella con due giri d’olio evo. Quando sarà cotto lo togliamo dal fuoco e mettiamo da parte.
Prendiamo delicatamente il Pane Carasau facendo attenzione a non romperlo e lo cospargiamo di Philadelphia. Essendo il primo strato, deve “reggere” il peso della farcitura di tutti gli altri “piani”, per continuare col parallelismo immobiliare, ci farà da fondamenta. Dunque, dopo uno strato di formaggio mettiamo sopra un altro strato di Carasau. Ora possiamo iniziare con la vera e propria composizione del piatto. Spalmiamo il Philadelphia e a cucchiaiate aggiungiamo lo stracchino (consiglio: tenetelo qualche ora fuori dal frigo prima di usarlo, così sarà ben ammorbidito e facile da lavorare sopra il pane evitando così tragiche rotture).
Sopra lo strato di formaggi disponiamo il porro stufato.
In ultimo aggiungiamo lo speck. Mettiamo dunque sopra il pane, e così via… fino a completare la nostra torta (noi abbiamo utilizzato cinque “strati” di carasau).
Infine spolveriamo lo strato superiore con sale, pepe, rosmarino e giri d’olio a piacere.
Inforniamo a 180° per 15 minuti, o comunque fino ad ottenere una leggera doratura dello strato superiore e lo scioglimento dei formaggi… sentirete che bontà!
Ricetta: Kristel Cescotto.
Food styling: Kristel Cescotto e Sara Cartelli.
Photography: Sara Cartelli.
© Immagini The Eat Culture.
Autore
biografia:
Cogitatrice impegnata, praticante dell’Amore Universale, su di lei nemmeno una nuvola. A 30 anni non ha ancora la minima idea di come vuole essere a 32: una, nessuna ma forse non centomila. Grazie al cielo tutto scorre. Panta rei. E alla fine, come in uno splendido giardino Bahai, verrà estasiata da un’illuminazione. E vivrà per sempre felice e contenta.